La Fonderia del Giambologna
Giambologna a Firenze
Giambologna, ritratto dal pittore Hendrick Goltzius,
giunge a Firenze agli inizi degli anni ’50 del 1500, ospitato per due o tre anni da Bernardo Vecchietti, che lo presentò a Francesco I dei Medici facendolo prendere a suo servizio.
Il Medici, che si stava trasferendo dal palazzo della Signoria in palazzo Pitti lo ospitò nel palazzo della Signoria. Giambologna poco dopo traslocò prendendo in affitto una casa (casa Vietti) in Borgo San Jacopo, e circa un anno dopo andò ad abitare in Borgo Pinti. Infatti qui acquistò per 2.000 scudi, più 600 di spese, la casa con bottega all’attuale numero civico 26 di tale via, diventato poi palazzo Bellini delle Stelle.
I Medici e la Fonderia
Nel 1587 a Francesco I succedette il fratello Ferdinando I, che ancora di più stimava il Giambologna, tanto da disporre a spese della città la costruzione di una nuova fonderia al posto della vecchia bottega. I lavori ebbero inizio il 12 dicembre del 1587. Nel gennaio del 1588 era già stato posto in opera il tetto, e successivamente fu rifatta la facciata sulla strada, ancora oggi presente.
Alla facciata su applicato in alto lo stemma del Giambologna, e, sopra la porta d’ingresso, il busto di Francesco I scolpito dallo stesso Giambologna,
e lo stanzone della fonderia a cera persa fu costruito accanto, col grande portone.
Si provvide subito a trasferirvi i modelli che il Giambologna aveva nella bottega di palazzo Vecchio, compreso il modello in creta del monumentale Ratto delle Sabine. L’artista potè così fondere in proprio i grandi monumenti senza più servirsi delle altre fonderie granducali fiorentine, quella della Fortezza da Basso e quella alla Sapienza.
I Medici a cavallo
La prima fusione che vi fu eseguita era quella del monumento Equestre di Cosimo I oggi in piazza Signoria,
gettato nella notte tra il 27 e il 28 Settembre 1591, a cui parteciparono il veneziano Giuliano Alberghetti insieme ad altri. Al getto assistette anche il figlio di Cosimo I, Don Giovanni dei Medici.
Era una fonderia che non aveva paragoni in tutta Europa, e che durò fino alla metà del ‘700, quando i lavoranti si sparpagliarono in altre fonderie. Tra gli altri vi lavorarono Pietro Francavilla, Susini, Francesco e Guasparri Della Bella (fratelli di Stefano della Bella).
La difficoltà della fusione a cera persa
I tre anni trascorsi dalla costruzione della fonderia al getto del monumento equestre di Cosimo I dimostrano le difficoltà incontrate nell’impresa, tanto da chiedere l’intervento dell’esperto fonditore veneto Giovanni Alberghetti per approntare la fornace adatta. Per il Cosimo I e per il Ferdinando I, dopo il riempimento delle cere con l’anima si attese quasi un anno per permettere a questa di asciugare bene durante la bella stagione. Per il Ferdinando I passarono poi altri tre anni tra il getto del cavallo e quello del cavaliere, fuso nel novembre del 1605.
Ritorna la moda del cavaliere a cavallo
Da questa fonderia uscirono poi mano a mano i cavalli per le piazze di Firenze, Madrid, Parigi: il monumento equestre di Ferdinando II in piazza SS. Annunziata (del Giambologna ma terminato, dopo la sua morte nel 1608, dal Tacca); il monumento equestre di Filippo III di Spagna, del 1616, del Giambologna e terminata dal Tacca (regalo del Granduca de’ Medici al Re di Spagna);
il monumento equestre di Enrico IV di Francia voluto dalla moglie Maria de’ Medici dopo la di lui morte. Il monumento subì varie vicissitudini, fu perso in mare durante il trasporto a causa di un naufragio, fu recuperato e trasportato e collocato sul Pont Neuf a Parigi; fu poi distrutto durante la Rivoluzione Francese. Ma grazie al ritrovamento del calco negativo, nel 1818 fu possibile eseguirne una seconda replica.
Giambologna va in pensione
Al crescere degli ordini corrispose il decadere fisico del Giambologna, tanto che fu costretto, anche se di buon grado, a cedere le redini della fonderia al Tacca non ancora venticinquenne, che ne divenne proprietario alla sua morte, nonostante diverbi con gli eredi.
La bottega di Borgo Pinti era infatti diventata una grande fonderia artistica dove il Tacca era entrato nel 1592 e si era formato anche come fonditore. Tacca iniziò il suo tirocinio tra il Marzo e il Giugno con il compito di rifinire la base del monumento di Cosimo I, fino a diventare, in pochi anni, capo della fonderia, e destinato a completare le ultime opere del Giambologna.
Il monumento fu posto e inaugurato ai primi di ottobre del 1608, per l’arrivo di Maria Maddalena d’Austria, che il 18 Ottobre veniva a sposare Cosimo II, figlio di Ferdinando I.
I bravi discepoli
L’esperienza e l’abilità della squadra dei fonditori aumentava via via: si riuscì ad ottenere la fusione del Ferdinando I più sottile di quella del Cosimo I, tanto da farla pesa meno del solo cavallo di Cosimo I. Gli spessori si affinarono sempre di più, l’Enrico IV di Francia risultò ancora più sottile e leggero, quello di Filippo IV di Spagna il più leggero di tutti.
Con quest’ultimo si inaugurò la tecnica della fusione in più parti, dimostrando di aver acquisito e perfezionato la tecnica di assemblaggio e di saldatura delle fusioni, che fu continuata ad essere usata come, per esempio, nelle due fontane degli animali marini in piazza SS. Annunziata a Firenze.
La fusione "indiretta" e le repliche
La tecnica della fusione a cera persa, detta indiretta, permetteva la riproducibilità di un modello in più esemplari di bronzo. I Medici avevano molto presto capito, già a partire dal 1564, che le opere d’arte erano doni diplomatici ideali. Così il Granduca Cosimo I e il figlio Francesco I fecero consegnare all’Imperatore Massimiliano II, futuro cognato del più giovane dei Medici, tre repliche di bronzi del Giambologna: il Mercurio a grandezza originale,
una replica di Venere identica a quella firmata dall’artista e infine un bassorilievo con l’ allegoria di Francesco I
(entrambi al Kunsthistorisches Museum a Vienna); di quest’ ultimo esiste una replica al Museo Nazionale del Bargello di Firenze.
Il Giambologna stesso aveva organizzato nella sua fonderia artistica la produzione di più repliche dei suoi modelli originali, che quando nel 1580 l’ allievo-aiutante Antonio Susini entrò nella bottega del maestro, la riproduzione ripetuta dei suoi modelli continuò; e continuò anche quando il Susini nel 1600 aprì la propria bottega in via della Pergola a Firenze, riproduzione che era ancora in atto fino a tutto il tardo ‘600.
Ma fu il Tacca che aveva iniziato a creare modelli ridotti dell’arte classica e dei capolavori di Michelangelo, riduzioni per quest’ ultimo andate perse.
Il Tacca fu anche l’ artefice del “Porcellino”, il cinghiale, posto all’ esterno del Mercato Nuovo a Firenze.
Esiste un filo rosso che unisce la fonderia rinascimentale del Giambologna e dei suoi allievi con la Fonderia Ferdinando Marinelli di oggi: da maestro in discepolo, da capofonderia in apprendista la conoscenza e le tecniche dell’ antica arte della fusione a cera persa sono arrivate, senza interruzione, alla Fonderia Marinelli.