Donatello e il putto nella scultura - Parte I
I Putti nella storia
Nella storia dell’arte occidentale il progenitore del “putto” rinascimentale appare in Grecia sotto forma del giovinetto Eros, dio dell’amore sessuale e del desiderio, ma anche principio divino che spinge verso la bellezza. È figlio di Afrodite e di Ares.
È citato già nell’ VIII secolo a.C. da Esiodo nella “Teogonia”, Euripide nel V secolo a.C. in “Medea” lo descrive come una forza creativa e procreativa dall’aspetto di un giovinetto bellissimo e splendente con ali d’oro.
Oltre alle ali ha come attributi l’arco e le frecce con cui trafigge l’animo e il cuore degli umani provocando il desiderio.
Nel Pantheon romano diventa il dio Amor o Cupidus con gli stessi attributi di Eros, a volte ha anche una torcia, simbolo matrimoniale. Apuleio nell’Asino d’oro (II secolo d.C.) lo descrive ancora come un bellissimo giovane alato.
Un giovane nudo e alato che spenge una torcia sul petto del morente è, in alcuni sarcofagi romani, lo spirito della morte (sarcofago romano col mito di Prometeo, collezione principe Cammillo Panphili, da Santi Bartoli, Bellori, Admiranda Romanarum Antiquitatum, Roma 1691).
Ma col trascorrere degli anni Eros-Cupido viene ringiovanito, non solo, ma nell’arte ellenistica e romana nasce anche uno sciame di Amorini che fanno compagnia a gli Dei e che vanno a decorare parti architettoniche e sarcofagi, affreschi pompeiani, gemme e sigilli, con o senza ali. Ci stiamo avvicinando al modello di putto che verrà ripreso all’inizio del ‘400.
Il bronzo di Eros Dormiente del II secolo a.C. (Metropolitan Museum of art di New York) mostra la tipologia del putto che ha ispirato gli scultori del Rinascimento: il bambino è molto giovane, paffuto, con piccole ali di piume e penne, dai capelli ricciuti e arruffati.
Un altro modello di putto per gli artisti del 1400 è stata la scultura in marmo del II secolo d.C., oggi agli Uffizi, che era nelle collezioni di Lorenzo il Magnifico.
Un ulteriore esempio di putto è stato quello che strozza l’oca, copia romana (110-160 d.C.) di un originale ellenistico scolpito da Beothos di Calcedonia (Musei Capitolini, Roma). Un esemplare in bronzo fuso a cera persa da calco eseguito sull’originale è presente anche alla Galleria Bazzanti di Firenze.
Nell’arte dell’impero romano d’oriente, nato nel V secolo e poi divenuta arte bizantina, il putto non va di moda e non viene usato come simbolo cristiano: tende a sparire. Una rara eccezione è il celebre Cofanetto di Veroli risalente a circa l’anno 1000 al British Museum, in cui il putto è il soggetto principale.
Il primo cristianesimo trasforma Eros-Cupido in uno spirito tutelare assegnato ad ogni nascituro (il futuro angelo custode), ma nelle pitture delle catacombe e nelle decorazioni delle chiese paleocristiane appaiono anche putti che vendemmiano e vinificano, trasformati così in simboli eucaristici di immortalità.
Celebri sono quelli del grandioso sarcofago di porfido di Costantina, moglie di Costantino, del 354 d.C. (Musei Vaticani).
Il daemon greco, messaggero degli dei che porta le notizie agli uomini, si unisce al concetto di genius che accompagna l’ uomo durante la sua vita. Apuleio nel De Deo Socratis del II secolo d.C. scrive che l’ anima dell’ uomo è il daemon, chiamato genius nel vivo, e lemure nel morto.
Successivamente il Cristianesimo si allontana dal paganesimo cercando di renderne le componenti negative e diaboliche, specie se collegate al sesso. Il daemon diventa uno spirito maligno legato alla magia nera e al diavolo. Il dio Pan (diventato per i Romani Silvano e avvicinato ai satiri), per esempio, dio delle selve e dei pascoli che era spesso rappresentato come Dioniso e Priapo con grandi attributi sessuali,
fu trasformato nel diavolo, a cui furono applicati gli stessi attributi: corna, volto animalesco, parte del corpo con pelo animalesco, gambe da capra, piccola coda, grande fallo da animale.
Nel medioevo Cupido perde la forma classica, l’arte e la letteratura cristiane si allontanano da quell’influenza delle religioni misteriche ellenistiche del cristianesimo iniziale che aveva permesso ai putti di apparire, nella forma classica, nelle vendemmie delle catacombe e del sarcofago di Costantina. L’immagine erotica di Cupido diventa inaccettabile per la chiesa, che comincia a dipingerlo come una emanazione maligna, il suo aspetto perde la gioiosità e diventa sinistro: non più un putto bambino, nel XIV si trasforma secolo in un essere diabolico dalle zampe di animale; lo vediamo in questa veste nell’affresco di Giotto nella Basilica di Assisi (1325) in cui compare la scritta col suo nome “Amor”.
Il suo aiuto Pietro Lorenzetti, nell’Ultima Cena e nella Flagellazione di Cristo dipinge in alto dei putti alati monocromi dall’aspetto sinistro e niente affatto rassicurante che reggono strani animali e oggetti (coniglio, pesce, cornucopie).
Nella facciata del romanico Duomo di Modena il maestro Wiligelmus scolpisce nel 1170 un cupido in forme non più classiche, con le gambe incrociate che si appoggia sulla torcia rovesciata, ed è accompagnato da un ibis, uccello negativo in quanto rappresenta nei bestiari medievali l’ “uomo carnale”.
Nei romanzi cortesi e nella poesia dei Trovatori Eros-Cupido sparisce: nei romanzi del Ciclo Bretone (metà sec. XIII) l’autore Cretien de Troyes descrive le frecce d’amore da cui i suoi personaggi sono colpiti, ma questi non vedono mai l’arciere-eros.
Finalmente nel XIV secolo l’amore comincia anche ad essere considerato una forza positiva, Dante con Beatrice, Petrarca con Laura, e Dante, nella Vita Nova scrive che l’amore non è una divinità, ma una passione della mente umana.