Giambologna e il Ratto delle Sabine
Parte I
Hendrick Goltzius, Ritratto di Giambologna
La scultura più grande della Loggia dei Lanzi in Piazza della Signoria è il Ratto delle Sabine del Giambologna. Il poderoso ma slanciato David di Michelangelo posizionato nelle vicinanze della Loggia davanti al Palazzo Vecchio lì vicino, supera i cinque metri di altezza, e sicuramente è stato di stimolo affinché anche Giambologna creasse un’opera monumentale alta 4,10 metri.
Il Ratto delle Sabine sulla base nella Loggia dei Lanzi |
Particolare delle sculture |
Si tratta di tre personaggi intrecciati dove un giovane Romano rapisce una delle donne Sabine tenendola in alto mentre blocca tra le gambe un vecchio impaurito e disperato. Lo stile classico con cui Giambologna scolpisce l’opera è in accordo con il mito del “Ratto delle Sabine” secondo cui il Romolo fondatore di Roma rapisce con l’inganno le donne della vicina regione Sabina per procreare e popolare la neonata città.
Giambologna, scultore in marmo
Nonostante che il Giambologna preferisse eseguire modelli in creta da far fondere in bronzo a cera persa, ha eseguito in un unico blocco monolitico di marmo l’ opera che presenta grandi masse e vuoti disposti asimmetricamente pur mantenendo concentrato il peso ideale e reale in basso; ha saputo dare all’ insieme delle figure una torsione ad “S” che permette al monumento di avere la caratteristica innovativa della tridimensionalità; è infatti stato eseguito per essere collocato al centro di uno spazio dove poterlo guardare da tutte le parti, come sosteneva anche Michelangelo:
figura piramidale, serpentinata e moltiplicata per ono, doi e tre […] imperocchè la maggior grazia e leggiadria che possa avere una figura è che mostri il muoversi, il che chiamano i pittori furia della figura […] e per rappresentare questo moto non vi è forma più accomodata che quella della fiamma del foco […] si che, quando la figura avrà questa forma, sarà bellissima,
come infatti ci riferisce Giovanni Paolo Lomazzo nel suo “Trattato dell’ Arte della Pittura” del 1585.
La scultura è terminata
Giambologna terminava l’esecuzione dell’opera nel 1583. Gli era stata commissionata dal Granduca Francesco I dei Medici, come si deduce da una lettera che Simone Fortuna scrive al Duca di Urbino il 17 ottobre 1581 in cui lo informa che presto uscirà fuori un gruppo di tre statue opposto alla Giuditta di Donatello nella loggia dei Pisani [la Giuditta era allora posta nella Loggia dei Lanzi].
La scultura è stata firmata con la scritta “OPVS IOANNIS BOLONII FLANDRI MDLXXXII” [opera di Giovanni de Boulogne della Fiandre, 1582].
Ritratto di Francesco I de’ Medici di Scipione Pulzone, 1590, Galleria degli Uffizi
Il significato della scultura e il Granduca di Toscana Medici
Il Granduca Ferdinando I dei Medici trovò l’ opera bellissima e, come scrive Raffaello Borghini nel suo “Il Riposo” del 1584, la volle far porre nella Loggia dei Lanzi.
E’ curioso come Giambologna scriveva il 13 giugno 1579 al Duca di Parma Ottavio Farnese che con questa opera voleva “dar campo alla saggezza et studio dell’ arte“, esprimere cioè la forza dell’ amore del giovane innamorato, la bellezza della donna amata, e la disperazione del vecchio marito. E grazie allo stile scultoreo classico la nudità non offendeva la sensibilità della Riforma Cattolica. Niente a che fare, comunque, col “Ratto delle Sabine”.
La scultura diventa "Ratto delle Sabine"
Ma Raffaello Borghini conferma che in origine Giambologna voleva scolpire tre figure che interagivano in movimento tra loro, e che però fece cambiare idea allo scultore, e infatti scrive:
“gli fu detto, non so da cui, che sarebbe stato ben fatto, per seguitar l’ istoria del Perseo di Benvenuto [opera di Benvenuto Cellini presente sotto la Loggia dei Lanzi] che egli avesse finto per la fanciulla rapita Andromeda moglie di Perseo, per lo rapitore Fineo zio di lei, e per lo vecchio Cefeo padre d’ Andromeda. Ma essendo un giorno capitato in bottega di Giambologna Raffaello Borghini, et avendo veduto con suo gran diletto questo bel gruppo di figure et inteso l’ istoria, c he doveva significare, mostrò segna di maraviglia, del che accortosi Giambologna, il pregò molto che sopra ciò gli dicesse il parer suo, il quale gli concluse che a niun modo gli desse tal nome alle sue statue; ma che meglio vi si accomoderebbe la rapina delle Sabine; la quale storia essendo stata giudicata a proposito, ha dato nome all’ opera.“
Il calco in gesso
Giambologna eseguì, come usavano fare quasi tutti gli scultori, un modello in creta o in terra cruda, che fortunatamente non è andato distrutto e che è conservato all’ Accademia di Firenze.
Dal modello in creta, che una vota asciutto era particolarmente fragile e friabile, veniva normalmente tratto un positivo in gesso, più resistente della creta cruda, usato come riferimento per scolpire in marmo l’ opera. Un modello in gesso, probabilmente l’originale del Giambologna, è stato reperito ai primi del ‘900 da Marino Marinelli padre di Ferdinando Marinelli Jr.
Accademia del Disegno, modello originale in terra cruda
L'aiutante Pietro Francavilla
Uno degli aiuti dello studio del Giambologna per la scultura in marmo della mastodontica opera fu Pietro Francavilla (nome italianizzato di Pierre de Franqueville) che vi lavorò fin dal 1574.
Quando il titolo di Ratto delle Sabine divenne definitivo, Giambologna eseguì un bassorilievo in bronzo da apporre alla base che facesse capire il soggetto del monumento, così come aveva fatto il Cellini per la base del Perseo.
Particolare placca bronzo Ratto delle Sabine Giambologna