Josè Belloni e La "Carreta"
Lo scultore Belloni nacque nel 1882 a Montevideo in Uruguay, da madre spagnola e da padre nativo di Lugano, che era emigrato a Montevideo in cerca di lavoro. Nel 1890 i genitori si separarono, la madre rimase a Montevideo mentre il padre ritornò col figlio a Lugano, che qui frequentò la Scuola Cantonale d’Arte.
Tornò quindi in Uruguay dove nel 1899 ottenne una borsa di studio per la scultura, ma successivamente ripartì per Europa dove a Monaco frequentò l’Accademia di Belle Arti, facendosi conoscere per le sue opere in gran parte d’ Europa; insegnò anche disegno professionale in Ticino, Svizzera.
Allo scadere della borsa di studio ritornò a Montevideo dove insegnò al Circulo de Fomento de Bellas Artes divenendone poi nel 1914 direttore.
l'Archivio Belloni
Purtroppo l’archivio della Fonderia Artistica Ferdinando Marinelli è andato perso nell’alluvione di Firenze del 1966. Nessun documento è rimasto, salvo poche fotografie.
Quella della “Carreta” è l’unica opera antecedente al 1966 eseguita dalla Fonderia Ferdinando Marinelli di cui esistono ancora i documenti (contratti, lettere, etc.) originali dell’epoca, grazie all’Archivio di Josè Belloni a Montevideo, da cui i documenti ed alcune foto sono stati tratti per questo Articolo.
La "Carreta"
Sembra che lo scultore Belloni, nella campagna intorno a Montevideo in Uruguay, abbia visto passare al tramonto una tradizionale “carreta”, se ne sia innamorato, ed abbia quindi fatto delle ricerche su questo vecchio tipo di mezzo di trasporto in uso dall’Ottocento nella parte orientale dell’Uruguay.
Le “carrete” erano carri costruiti completamente in legno, senza chiodi di metallo, coperti in alto da un tetto di tela grossolana e pelle di cavallo. Venivano verniciati con colori vivaci. Nel loro cammino creavano carovane di molti carri trainati da paia di bovi che riuscivano a farle transitare, molto lentamente, in terreni estremamente impervi. Trasportavano, oltre che le persone, pelli ed altre merci fino a Montevideo, dove venivano caricate su navi in partenza per l’Europa.
Al loro fianco cavalcavano i “gauchos” incitando e guidando i bovi.
Quando la carovana si fermava per la notte, i carri diventavano il riparo dove i viaggiatori dormivano: con la bella stagione sotto di essi stesi su pelli dentro i loro ponchi, d’inverno dentro il carro.
Lo Studio dell'Opera
Belloni iniziò ad eseguire, come di regola, una serie di schizzi per rendersi conto e studiare le dimensioni e le proporzioni del monumento, seguendo i quali modellò un bozzetto provvisorio che poi modificò perfezionandolo e ottenendo il primo bozzetto tridimensionale in gesso completo dei dettagli.
Eseguite anche a questo le modifiche necessarie, creò il bozzetto in gesso definitivo.
Fu a questo punto che prese contatto con chi avrebbe eseguito l’ingrandimento del suo bozzetto e con chi, una volta ingrandito, l’avrebbe fuso in bronzo in grandezza originale.
Grazie all’interessamento dell’allora Console dell’Uruguay in Italia, Gilberto Fraschetti, il Belloni venne nell’ agosto 1938 in Italia per parlare del progetto a Ferdinando Marinelli Sr., proprietario della fonderia omonima.
Dopo essersi convinto della capacità lavorativa e la qualità delle fusioni della Fonderia Marinelli di Firenze, fu stabilito che l’ingrandimento sarebbe stato eseguito in fonderia sotto il controllo dello scultore Sirio Tofanari, ben conosciuto dal Marinelli.
Le norme per l’ingrandimento vennero scritte nel successivo contratto d’appalto dell’intero processo alla Fonderia Ferdinando Marinelli, firmato nel gennaio 1930, come si legge nel particolare ingrandito della seconda pagina di tale contratto: per ottenere il modello in creta della “Carreta” nella grandezza originale il Belloni richiedeva l’ingrandimento “ai punti” tramite pantografo da farsi all’interno della Fonderia; da quanto scritto appare anche il modello che inviava in Fonderia era grande la metà dell’originale, andava cioè raddoppiato.
Dal contratto tra il Belloni e la Fonderia Ferdinando Marinelli del 2 gennaio 1930, di 11 pagine (di cui si riportano la prima e l’ ultima pagina) si ricavano alcune interessanti notizie:
la lega di bronzo doveva essere composta dal 90% di rame e il 10% di stagno; anche oggi la Fonderia Ferdinando Marinelli adopra tale lega, ma nell’ anteguerra il bronzo statuario era composto anche da altri metalli, quale il piombo e in piccola parte anche zinco, quindi la richiesta del Belloni anticipava i tempi, benché tale lega fosse più cara di quella normale;
ed inoltre richiedeva dopo le fusioni l’analisi chimica del bronzo per assicurarsi sulla composizione della lega richiesta;
sia i bovi che il cavallo dovevano venir fusi in un unico pezzo, cosa molto difficile date le dimensioni; ancora oggi si tende a fondere pezzi di medie dimensioni per avere una resa migliore. Incredibile che il risultato sia stato perfetto per tutti i bovi e il cavallo, come mi è stato raccontato anni fa da “Brunino”, il più vecchio operaio che aveva partecipato a tali fusioni;
Ma la cosa ancora più incredibile è che il monumento in bronzo, ingrandimento e trasporto a Montevideo compreso, doveva essere finito e montato a Montevideo entro e non oltre 7 mesi dalla data della firma del contratto, con penale di 100 Lire per ogni giorno di ritardo.
Il compenso per tutte le operazioni, compresa l’ esecuzione del modello ingrandito e la spedizione a Montevideo venne stabilito in 320.000 Lire.
In data 4 gennaio 1930 Marinelli inviava una lettera di ringraziamento al Belloni.
Le analisi della lega di bronzo furono eseguite dalla Fonderia del Pignone, risultando la lega perfettamente in sintonia da quanto richiesto dal Belloni e scritto sul contratto.
Alcune foto della “Carreta”
Medaglia commemorativa coniata per l’inaugurazione del Monumento
Immagini della “Caretta” al giorno d’oggi